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Iniziamo con questo post una serie di interviste che analizzano l’effetto Covid19 sui consumi sanitari in Trentino e a livello nazionale.

La Professoressa Marianna Cavazza dell’Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità della SDA Bocconi si occupa da oltre 15 anni di economia sanitaria.

L’Ufficio Studi Sanifonds evidenza una  forte riduzione delle richieste per gravi malattie. Si conferma il rischio che il Covid19 stia pesantemente riducendo la normale attività di prevenzione. Quale è la sua visione a livello nazionale:  si ritrova con i nostri dati del Trentino?

Purtroppo sì, e i dati sono impressionanti. L’AIOM - Associazione Italiana Oncologia Medica- ha evidenziato nel periodo di lock down circa 25.000 diagnosi di tumore al mese in meno: in altri termini, una notevole riduzione delle diagnosi precoci, che in ambito oncologico sono chiaramente fondamentali.

LA SIC - Società Italiana Cardiologia – ha segnalato ad esempio che nella settimana centrale di marzo c’è stato un calo del 60% dei ricoveri per infarto - anche per casi gravi – un calo del 47% per scompenso cardiaco e un calo del 53% per fibrillazione atriale.

Chiaramente questi dati sono figli di due fenomeni: da una parte, il sistema sanitario non era pronto a gestire le cure dei pazienti in situazioni di emergenza, il che spiega ad esempio l’interruzione dei cicli chemioterapici registrati per molti pazienti; dall’altra parte le persone hanno reagito alla paura del contagio evitando di andare in ospedale.

Ma ora l’esigenza di tornare ad una prevenzione “normale” andrebbe efficacemente comunicata ai cittadini, non trova?

Assolutamente. I dati che ho citato sopra sono “passati” quasi esclusivamente su canali specialistici, la maggior parte dei cittadini a mio avviso non ha percezione di quanto rischioso sia rimandare le normali attività di prevenzione.

La riduzione delle visite colpisce più pesantemente alcune specialità (es. dermatologia) e meno altre (ecografie, risonanze oltre che chiaramente ginecologia). Questo sembrerebbe suggerire che il cittadino stesso sia autolimitato nel limitare cosa sia urgente e cosa no.

I dati del nostro Osservatorio sui Consumi Privati della SDA Bocconi sono coerenti con i vostri.  Le visite specialistiche sono diminuite in misura maggiore rispetto alla diagnostica strumentale (ecografie, ecc.)

E’ evidente che in quel periodo sia stata la sensibilità del cittadino a determinare per cosa valesse la pena andare in ospedale.

Il nostro piano Sanifonds 2020 prevedeva rimborsi per prestazioni post ricovero Covid (es psicologo, infermiere, ecc.).  Registriamo però poche richieste, il che è in controtendenza con il fatto che la malattia lascia spesso strascichi pesanti per i ricoveri lunghi. Quali considerazioni le suggerisce questo dato?

Ritengo che questo dipenda dal fatto che Sistema Sanitario Nazionale non ha – almeno fino ad oggi – assimilato la condizione di una persona dimessa dopo un ricovero lungo per Covid a quella di un malato cronico, né ha previsto uno specifico percorso di cura per il post dimissione. Il messaggio che arriva ai pazienti, e ai loro medici di base,  è che non devono attivarsi per i servizi di supporto. Mi spiego: se il soggetto è in un contesto nel quale la sua patologia è riconosciuta e inquadrata in percorso di cura, questo inizierà a riconosce ciò di cui ha bisogno effettivamente.  C’è una recente indagine di ricerca fatta con il fondo sanitario integrativo di Intesa San Paolo molto interessante che accredita questa tesi. E’ poi da considerare che spesso si tratta di sintomi (ad esempio, stanchezza estrema, difficoltà di attenzione, dolori muscolari) difficili da inquadrare e su cui intervenire.

In Trentino emerge recentemente un migliore e crescente coordinamento tra istituzioni pubbliche e la rete territoriale (in primo luogo i medici di base) per la gestione del Covid.   Ne è un esempio l'accordo prima sui test sierologici, poi quello recente sui tamponi rapidi. Quale la sua visione a livello nazionale? vi sono modelli regionali particolarmente originali?

La situazione nazionale è veramente “a macchia di leopardo” e riflette anche i diversi rapporti tra sanità pubblica e sanità privata. In Lombardia è stato autorizzato l’accesso privato ai tamponi, formalmente definendo per le strutture accreditate con il sistema pubblico un tetto dell’80% riservato al canale pubblico. In Veneto la filiera è interamente pubblica. In Emilia Romagna sono attivi laboratori privati accreditati, collegati però all’Unità Operativa costituita in seno all’Assessorato alla Salute , alla quale i laboratori trasmettono i risultati del tampone.

Usciamo per un attimo dalla “bolla” Covid. Sanifonds quest’anno ha introdotto una copertura vita natural durante per la non autosufficienza. Cosa ne pensa?

Penso sia molto importante anche perché si rivolge a quella fascia di persone in età di lavoro (sotto i 65 anni) che sono meno protette. Impropriamente, infatti, il tema della non autosufficienza viene associato esclusivamente agli anziani, chiaramente perché statisticamente più coinvolti. Ma i dati nazionali dell’ISTAT dimostrano inequivocabilmente che gli over 65 sono molto più protetti dall’ombrello del sistema sanitario pubblico:  l’attenzione alla salute nella fascia d’età tra i 30 e 55 anni è diminuita, anche per effetto del basso reddito disponibile,  e quindi possiamo affermare che queste generazioni stanno ricevendo una “intensità di cura” inferiore rispetto alla generazione precedente. Conseguentemente, i fondi sanitari diventano determinanti nel “puntellare” il pilastro pubblico proprio per questa fascia d’età.

Chiudiamo con un cenno alla “rivoluzione digitale” indotta dal Covid. In soli tre mesi, tra luglio e settembre, Sanifonds ha registrato un balzo degli iscritti che usano l'area riservata web per la gestione rimborsuale, superando la quota del 90% sul totale delle richieste. Come vede nei prossimi  anni l'evoluzione della'"customer experience” dei cittadini iscritti ai fondi sanitari integrativi?  

Una premessa: il vostro dato è molto alto, ampiamente superiore alla media dei fondi integrativi nazionali.

Quanto all’evoluzione futura, la domanda che ci stiamo facendo tutti è se il Covid determinerà un passaggio netto al canale digitale oppure se  - passata la fase “acuta” del distanziamento sociale – il canale digitale coesisterà con quelli “fisici” e analogici.

Da un lato, dobbiamo considerare che  la sanità integrativa è un settore ad oggi piuttosto “conservatore”, in cui l’iscritto si rapporta con cautela con il Fondo e, ancora più, con le strutture sanitarie convenzionate (dove previste): questo potrebbe suggerire una transizione lenta verso la digitalizzazione. D’altro canto, in altri Paesi si sono già affermati sul mercato operatori che vendono polizze sanitarie in un tempo compreso tra i 4 e i 7 minuti. In ogni caso, personalmente credo che da qui non si tornerà indietro:  il Covid sarà un acceleratore del processo di digitalizzazione dei Fondi sanitari, anche perché ormai l’esperienza che stiamo facendo con Amazon e le altre piattaforme di e-commerce ha rivoluzionato il nostro approccio mentale.

 Scopri il punto di vista del Dott. Nicola Paoli nell'intervista Gli effetti del Covid19 sui consumi sanitari: l'intervista al Dott. Nicola Paoli

Marianna Cavazza

Ricercatrice Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità - SDA Bocconi